Atto primo.
Interno Decathlon, ore dieci di un sabato mattina.
Personaggi principali:
- La signora: signora con lupo cecoslovacco al guinzaglio
- Linda: marmocchia isterica di anni cinque/sei
- Jason: padre della marmocchia
Personaggi di contorno:
- personale Decathlon
- clienti fra le corsie
La signora con il lupo cecoslovacco al guinzaglio (corto), tenendo la belva a tre centimetri dal ginocchio, si avvicina all’accesso e domanda il permesso di entrare lupo-munita. Ricevuto l’OK, supera l’entrata e si dirige in cerca di una rete da ping pong.
Il lupo attraversa le corsie appiccicato alla signora come un chewingum. A pochi metri dalla destinazione, signora e lupo scartano una bambina di circa sei anni, che inizia a saltellare e lanciare urletti da soprano spaventato (tra il serio e il “urlo come Linda Blair che interpreta Regan MacNeil perché a mammina e papino piace tanto”).
La signora si allontana dalla scena e, tre passi (lunghi) più in là, sorridendo, dice alla bimba:
«…Meglio non fare così davanti a un cane».
Lo dice morbida, con il sorriso e annuendo. La mimica facciale è rilassata. Poi avanza.
Dieci metri dopo, alle sue spalle si sente il padre di Linda che urla. La signora non lo vede, ma lui gesticola, fa un passo nella sua direzione, minaccioso, si ferma, avanza ancora, continua ad alzare la voce. In corsia, c’è il gelo. Nemmeno la musica si sente più. Si forma un capannello di persone incuriosite. Finalmente la signora realizza e si volta.
«Mi dica?»
«Le sembra una frase da dire a una bambina?»
La signora piega la testa di lato, verso sinistra. Si vede che non coglie.
«Mi scusi?»
«NO, DICO, LE SEMBRA UNA COSA NORMALE DA DIRE A UN BAMBINO SPAVENTATO?»
La signora vorrebbe rispondere ma non può perché Jason non gliene dà il tempo:
«LEI, PIUTTOSTO, LEI…CHE VA IN GIRO CON UN CANE COME QUELLO, GLI METTA LA MUSERUOLA GLI METTA. STIA ZITTA. GLI METTA LA MUSERUOLA.»
La Signora non fiata. Sta per andarsene. Che Jason sia disturbato è chiaro. Meglio non discuterci, pensa, serena, finché non cambia idea e con il migliore dei suoi sorrisi, dice, a bassa voce:
«Faccia un piacere al mondo: si rilassi.» – e muoia. Pensa, poi, senza dire altro.
Atto secondo.
Esterno giardino. Bifamiliare con giardino in comune separato da rete e cancelletto.
Personaggi:
- La Signora: la stessa signora del Decathlon con lo stesso lupo cecoslovacco.
- La Vicina : vicina di casa della signora.
- Linda (da grande): amica della vicina di casa della signora.
- La belva, Il Lupo Alsaziano, Attila: il lupo cecoslovacco della signora.
Suona il campanello. La Signora è nel suo studio. Si sentono voci dall’esterno. Lei esce e raggiunge il cancello. Fuori, Linda si rifiuta di entrare perché dice che suo figlio ha paura della belva. La Vicina le spiega di non avere paura:
«Guarda che è buonissimo»
Linda non ci crede. Interviene La Signora domandando quale sia il problema. Linda risponde che non vuole entrare perché il lupo è pericoloso. La Signora chiama la sua belva, viene prontamente raggiunta e si dirige verso la sua porzione di giardino. Due passi dopo si ferma e chiama l’altro cane, perché il primo non resti solo.
«Wallace, vieni di là»
«Quello lì non importa, può stare.»
«Lo so ma lo porto di là così Cariddi non resta solo…»
Linda si gira, prende i figli, sale in macchina e parte come se fosse inseguita da una meteora assassina. La Vicina è sotto choc. Chiama l’amica e chiede spiegazioni. Le ottiene a singhiozzi, tra un insulto e l’altro e in più telefonate (Linda riattacca spesso). Poco più tardi, mentre La Signora, in casa con i suoi due cani, si fa un caffè, La Vicina la raggiunge e le fa leggere i WhatsApp di Linda.
«The stupidest woman in the world»
«Mai vista una cafonaggine così!!!»
«Nooo è la tua amica che ha sbagliato»
La Vicina la chiama al telefono. Nessuna delle due (La Vicina e La Signora) capisce.
Linda urla. Tanto forte che la signora sente, senza viva voce, e sente di lupi alsaziani che sbranano facce, di pericoli mortali e del perché lei, Linda, se ne sia andata, il tutto condito da una serie di epiteti ai quali non vuole credere.
La Signora chiede il telefono alla sua vicina e registra un messaggio vocale con il quale si scusa per il fraintendimento, chiede venia, fa ammenda dei propri peccati (sì, c’è un filo di satira, è vero) e saluta.
Linda prosegue, continua e peggiora gli insulti e chiude con messaggi isterici, in lacrime. La Vicina perde la pazienza e manda Linda a spigare.
La signora sorseggia il suo caffè e scuote la testa per niente stupita, rammaricandosi soltanto di aver già scordato la faccia di Linda e di non avere quindi l’opportunità, un giorno, di farne la protagonista di una delle prossime fiction horror-noir del collettivo nascente che forse un giorno porterà il nome di William Pessoa.
Che le reazioni della gente siano smodate o sopra le righe è reale. Quello si chiama essere maleducati perché le cose si possono dire in tanti modi e la cafonaggine non è uno di questi tanti modi. E’ anche reale che a volte la paura per gli animali porta al panico. C’è poi una forma di educazione da cui io non mi sposto. Ho due cani. E’ una mia decisione averli ma non li posso imporre agli altri. Quindi si: ho sempre la museruola con me, sempre guinzaglio corto e tendo a non portarli nei ristoranti, nei luoghi pubblici in genere. Anche perché diciamocelo: ad un animale fare shopping non interessa granché. Stare in giardino o in stravacco sul divano è molto più allettante. Poi se una persona viene a casa mia e va in panico per i cani: la porta da cui è entrata è esattamente quella che può utilizzare per uscire. Perché vale anche la regola contraria: io non posso imporre le mie scelte e gli altri non possono imporre nulla a casa mia
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