Con la virgola tra compiti e bene, già .
Da quando c’infilano un grembiulino a quando ci spennellano di cipria e antitarme, dal primo appello all’ultimo, tutti noi, nessuno escluso, passiamo la vita a fare i compiti.
Partiamo con serie di lettere in fila e qualche lavoretto col punteruolo e le matite, continuiamo con i pensierini, andiamo avanti con i limiti e proseguiamo con rapporti, relazioni e presentazioni. Dal preventivo dell’idraulico, all’omelia del Cardinale, dal grafico trimestrale dei rendimenti (di solito altrui, o solo ipotetici), alle comunicazioni personali e professionali, ufficiali e ufficiose, alle bollette da pagare, ai contratti da siglare e i colloqui da superare, passando per email, sms e post, noi, piccoli fallaci minuscoli e spesso ridicoli esserini, trascorriamo l’esistenza a FARE I COMPITI.
Alcuni di questi compiti ci riscaldano la casa, altri ci riempiono il frigo, altri ancora ci impallano la testa. Ci sono quelli manuali, quelli che mettono in moto mani e braccia e muscoli, come in fabbrica, tra una postazione e l’altra della catena di montaggio, o come a casa, tra una lavatrice che mangia i calzini e un ferro da stiro che invece brucia i pantaloni. Ci sono quelli che fanno male agli organi interni (stomaco e fegato, per lo più), come i pagamenti di Tares, Tarsu, Imu, Irpef, Inps e compagnia-cantanti. Ci sono quelli che fanno male agli organi esterni, come la ceretta o l’estrazione d’un dente. Ci sono quelli che non si possono evitare. Quelli che si possono ma meglio di no. Quelli che partono male e finiscono peggio. Quelli che rimandiamo ma poi tocca farci i conti. Quelli che non vediamo l’ora di finire. Quelli che ci arricchiscono il conto in banca e impoveriscono il resto. Quelli che fanno il contrario e son capaci di isolarci dal mondo. Ci sono quelli che facciamo da soli e quelli che dipendono da altri, che non sempre hanno la voglia o lo stile o la schiena per fare quello che – secondo noi – dovrebbero. Quelli che poi, invece, non siam capaci di fare da soli. E quelli che crediamo di saper fare, ma che alla fine escono un casino, come quando decidiamo che due fili sian solo due fili e che per collegarli non serva un genio (magari quello no, ma un elettricista anche sì).
Su tutti, dal primo all’ultimo, i compiti che ogni giorno compiamo, noi, omuncoli attaccati alla corrente per ricaricare i nostri device, abbiamo una chance. Ovvero farli per bene.
Ogni tanto. Poi. Molto molto di rado. Capita pure che si possa farli per il Bene.
E’ sempre un piacere leggere qualcosa scritto così bene …da una bella persona come te.
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Il signor L. è felice di avere nuovamente occasione di dialogare con la signorina WUM. Aveva provato a cercarla sul web alcuni mesi fa sperando in una corsia preferenziale per la finale della fei world cup di verona, desideratissima dalla figlia. Poi ha trovato ugualmente i biglietti e allora ha cercato WUM con lo sguardo, a verona, ma non l’ha trovata.
🙂
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