Imprenditore bresciano si suicida.

Dal Giornale di Brescia di ieri, 3 marzo 2014:

«C’è rammarico per non essere riusciti ad aiutare una persona in difficoltà. Il Comune non ha però risorse per chi è rimasto senza lavoro»: così il sindaco di Travagliato Renato Pasinetti ha commentato la notizia del gesto estremo di un impresario edile di 42 anni, residente in paese, che si è tolto la vita dopo mesi di difficoltà per la perdita del lavoro.

L’uomo, padre di tre figlie, l’11 febbraio scorso in preda alla disperazione aveva tentato di rapinare un distributore di benzina. Arrestato, era ai domiciliari e da settimane era seguito dalla Caritas. L’uomo si è tolto la vita impiccandosi nella cascina dove abitava con la famiglia.>>

Quarantadue anni, tre figlie, una moglie, una lapide, qualche articolo on e off line e il ricordo di un’impresa edile che gli è costata le penne: ecco cosa resta di un uomo che ha deciso di mollare, disperato, e di impiccarsi per smettere di soffrire.

Quello che porta un essere umano a un gesto tanto folle non è spiegabile e non cercherò nemmeno di provarci. Penso, però, e non riesco a smettere, che il suicidio sia la più stronza delle scelte e che solo considerarlo, solo parlarne e immaginarlo, sia terribile e sia davvero egoista.

“Cosa ne sai tu, di quello che passa un uomo prima di arrivare a pensare di ammazzarsi?”

Niente,  ma so quello che passa chi ha i mesi contati (o gli anni), chi – di punto in bianco – scopre di avere un male incurabile, o di avere un figlio che di colpo non sta più bene. So quello che passa per la testa di chi – all’improvviso – scopre di non essere immortale e di non poter contare sul futuro. E so anche che prima di decidere di entrare in una bara, uno potrebbe escogitare vie d’uscita diverse, compreso un volo last minute per un’isola sperduta, fosse quella l’ultima delle chance valutabili.

Prima di valutare l’aeroporto, so anche che per uscire da una situazione di merda, bisogna avere la forza per farlo e che mollare è lasciare che gli altri, quelli che restano a piangere, se la sbrighino da soli. So che lamentarsi fa solo male, che l‘unica cosa da fare è FARE, non pensare. Anche se FARE volesse dire FARE IL FACCHINO, o la donna delle pulizie o il data-entry alla TNT, di notte, mentre di giorno ci si fa venire in mente qualcos’altro. So che è più facile restare dove si è, e continuare a soffrire (perché il dolore crea dipendenza), che ribaltare la propria vita come un calzino. So che è meno faticoso e pauroso rimanere in una scatola, anche quando la scatola è stretta e scomoda, piuttosto che mettere il naso fuori. E so che vale dappertutto, nel business, in famiglia, nelle relazioni e con gli amici.

In questi mesi sto leggendo i libri di moltissimi formatori e mental coach, di motivatori e psicologi e mentalist. Leggendo loro, ho scoperto storie incredibili (a cui voglio credere), di gente che è uscita da baratri e si è ricostruita una vita intera; di persone che hanno cambiato la propria vita; di esseri umani che hanno deciso di smettere di soffrire.

Credo, ogni giorno di più, che la via per farlo – per FARCELA – esista quasi sempre. E credo che il quasi sia l’imponderabile con cui non possiamo davvero fare i conti, ma per il resto sia solo volontà. Volontà, determinazione e metodo. E gobba. Che senza l’O.D.G.* non si porta mai a casa nulla.

chance choice change

* olio di gomito

 

 

 

 

2 pensieri riguardo “Imprenditore bresciano si suicida.

  1. Tutto vero e scarosanto quello hai scritto, ma la nostra mente é un sistema complesso, molto complesso e quando va in tilt, tutto può accadere. Certo, a mente lucida, sappiamo che ci sono problemi davvero insuperabili, di una gravità tale da stendere anche il più impavido degli esseri umani, ma quest’uomo di 42 anni aveva bisogno di aiuto e questa società spietata e ipocrita certamente non ha fatto nulla.

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